Skip to main content

C’è un paradosso interessante nel marketing nostalgico contemporaneo: nel tentativo di tornare a essere rivoluzionari, si finisce per autocelebrarsi. L’energia di un tempo viene ripescata, lucidata e rimessa in circolo sotto forma diversa, remixata per un pubblico che non vuole più la novità, ma il conforto del déjà vu.

Veronica Electronica, il nuovo disco di remix che Madonna ha costruito (più o meno) intorno all’universo di Ray of Light, vive proprio dentro questo cortocircuito. Il titolo, che cita un alter ego mai davvero esistito (menzionato solo fugacemente in qualche intervista del 1998), è una strizzata d’occhio ai fan più devoti, quelli che ricordano ogni dettaglio dell’era Kabbalah, dei corvi digitali e del chakra branding. Ma è anche un bluff.

ESISTE ANCORA LA POSSIBILITA’ DI REINVENTARSI?

Nel 1998, Ray of Light non fu solo un disco: fu un’epifania culturale. Dopo anni di sesso, scandali e provocazione carnale, Madonna si spogliava (paradossalmente) di tutto per diventare madre, meditativa, cosmica. Collaborando con William Orbit, diede forma a un suono spirituale e digitale allo stesso tempo: il trip-hop che, incontrando il misticismo, si faceva mainstream e lei, la popstar, ne diventava la sacerdotessa.

All’epoca, Ray of Light fu rivoluzionario perché suonava come niente altro nel pop: la sua spiritualità new age, l’estetica cyberpunk e la sensualità pop erano perfetti in un momento storico di transizione verso il nuovo millennio perché, inoltre, catturava l’ottimismo tecnologico pre-11 settembre, quando il digitale era ancora liberazione e non forma di controllo.

Oggi, Veronica Electronica arriva in un contesto dove tutto è già stato remixato, tutto è già nostalgia. Con il rischio (non più potenziale ma ormai concreto) di trasformare dei contenuti sacri in un reel. E soprattutto ci ricorda quello che abbiamo perso: quando la musica elettronica significava ancora ballare fisicamente nello stesso posto. Oggi che i club faticano a riempirsi, questi remix suonano come l’eco di un mondo dove la tecnologia serviva a unire, non a isolare.

PERCHÉ SÌ

Perché la musica regge ancora.

Alcuni pezzi, in particolare Nothing Really Matters o Frozen, non suonano vecchi, ma atemporali. Li ascolti oggi e sembrano soundtrack per un mondo che è ancora in cerca di un equilibrio (non la stesso del 1998, ma ci conferma che anche ora, le necessità umane sono simili).

Perché celebra una Madonna sublime.

Veronica Electronica era un’idea: Madonna come intellettuale del sound, come DJ del subconscio (il seme era stato piantato con Bedtime Story). Questo disco la riposiziona lì, in un territorio in cui non deve dimostrare la sensualità e la fisicità, ma solo una sua essenza eterea.

Perché serve a ricordare un’era in cui il pop aveva profondità.

Ray of Light fu spirituale senza essere predicatore, tecnologico senza essere freddo, introspettivo ma ballabile. Veronica Electronica ci ricorda, almeno a tratti, che il pop può ancora essere tutto questo.

PERCHÉ NO

Perché questo alter ego non esiste.

Veronica Electronica non è mai stata davvero un personaggio.

E’ un’operazione di marketing retroattivo che rivela la trasformazione di Madonna da provocatrice culturale a curatrice del proprio brand. L’alter ego Veronica, a differenza di Dita Parlo di Erotica, non possiede autonomia, non ci racconta una storia ma esiste solo in funzione della nostalgia dei fan di “Ray of Light”. È una label buttata lì, ripescata a posteriori per creare coerenza dove non c’era un concept. E si sente.

Perché ripete sé stessa senza rischiare davvero.

Madonna non ha bisogno di remixare sé stessa per essere rilevante. Eppure, da qualche anno, sembra fare proprio questo: cercare la rilevanza nel passato. Veronica Electronica, in questo senso, è uno specchio narcisistico più che un ponte verso il futuro (poteva essere un’opportunità per traghettare i fan verso il nuovo capitolo di Confessions? Difficile ma non impossibile).

Perché è autoreferenziale.

Il disco non apre davvero nuovi orizzonti. Non c’è un dialogo con il presente, nessun featuring con la nuova generazione elettronica, nessuna produzione che reinterpreti l’essenza spirituale di Ray of Light alla luce odierna. Ripete il rito, ma non rinnova la fede.

IN THE END

Veronica Electronica é allo stesso tempo necessario e anacronistico. Necessario perché completa un progetto artistico incompiuto e apre una finestra su un momento di transizione musicale cruciale. Anacronistico perché arriva quando le condizioni sociali e tecnologiche che lo generarono sono completamente e irrimediabilmente trasformate.

Mi viene da aggiungere una domanda: può esistere, oggi, una creatività “spirituale” nel pop che non sia immediatamente fagocitata dall’estetica wellness? Ray of Light arrivò in un momento in cui la spiritualità pop era ancora nuova. Oggi diventerebbe un tutorial di lifestyle.

E in tutto questo, il pubblico cosa ne pensa?

Sono sicuro che i fan che si emozionano ascoltando Veronica Electronica non fingono. Ma quello che sentono non è la musica in sé: è il ricordo di quando quella musica li ha fatti sentire meno soli, o più vivi, fotografando un momento specifico della loro vita in una fase in cui la musica significava davvero qualcosa.

È come tornare nella casa d’infanzia: non ti stai innamorando del luogo, ti stai ricordando con affetto di chi eri quando ci abitavi.

Madonna questo lo sa.

E la sua intelligenza, spietata o sentimentale, sta nel regalarci un’operazione che si racconta come un regalo, ma potrebbe benissimo essere solo l’ennesima mossa di marketing geniale.

Forse sono entrambe le cose. E forse è proprio questo il punto.

POP VIBE: When I was very young, nothing really mattered to me. But making myself happy: I was the only one