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C’è un fenomeno interessante che si sta ripetendo negli ultimi mesi: artisti di ogni tipo che finiscono al centro di polemiche politiche… e scelgono di non dire nulla.
Il caso più recente è Sydney Sweeney.
Il più evidente — e forse più pesante — è quello di Taylor Swift, a seguito di un articolo del The Guardian che ha fatto il giro dei social come una moderna cartina tornasole.

E allora mi sono chiesto: siamo davanti all’ennesima allucinazione collettiva della cultura woke portata all’esasperazione?
Oppure c’è un nuovo clima di destra estrema che molti artisti stanno supportando, magari senza volerlo, attraverso il silenzio?

La verità, come spesso accade, sta nel punto cieco tra le due cose.

Ma partiamo dall’inizio per fare un po’ di chiarezza.

Antefatto “Sydney Sweeney”:
Quando un’attrice diventa un simbolo che non vuole essere

Il 2025 ha trasformato Sydney Sweeney in un caso ideologico più che cinematografico.
La sua campagna American Eagle — “Sydney Sweeney has Great Jeans” — nasceva come slogan furbo e commerciale. Il web ha letto nel claim un’assonanza con good genes: da lì, una cascata di accuse legate alla genetica della supremazia bianca, all’estetica WASP, persino a una sorta di eugenetica pop.

Tutto questo mentre Donald Trump insinuava pubblicamente che “molte più celebrità di quanto sembra sostengono i Repubblicani”.

E Sydney?
Ha scelto il silenzio.
Un silenzio lungo, ambiguo, che ha lasciato che fossero gli altri a riempire il vuoto.

Il suo ritorno è avvenuto solo a novembre, nell’intervista a GQ.
E lì, invece di chiudere la questione, l’ha riaperta.

Appena sente la parola “eugenetica”, Sweeney alza gli occhi al cielo.
Non cerca di contestualizzare, non riflette, non spiega.

Minimizza:
“Ho fatto una pubblicità di jeans.”

Poi si smarca dal tema politico con una frase che peserà più di quanto creda:
“Quando avrò qualcosa di cui voglio parlare, la gente lo sentirà.”

In un’epoca iper-sensibile, un’occhiata al cielo vale più di mille discorsi.
E quel gesto, più ancora delle parole, è diventato il simbolo perfetto del suo paradosso:
non voler essere letta… e finire letta più del dovuto.

L’ADV di American Eagle e il claim “Sydney Sweeny has great Genes”

Antefatto “Taylor Swift”:
Quando la popstar più politica sceglie di tacere

Dall’altra parte c’è una figura che storicamente non ha mai avuto paura di parlare: Taylor Swift.

Nel suo documentario Miss Americana , mentre si preparava a fare un endorsement pubblico a Kamala Harris, dichiarava:
“Voglio stare dalla parte giusta della storia.”

Nel 2018 e nel 2020 criticava apertamente Donald Trump (che la definì “odiosa”), sosteneva candidati democratici, diventando un caso politico globale.

Eppure, oggi, quando la campagna di Trump usa estratti dal suo nuovo album per propaganda digitale… Taylor tace.
Non protesta.
Non denuncia.
Non chiarisce.
Non si distanzia.

L’articolo del The Guardian ha sottolineato proprio questo: il silenzio è talmente lontano dal suo personaggio da risultare più rumoroso di qualunque tweet dei tempi d’oro.

Taylor Swift non è diventata improvvisamente apolitica. È diventata strategica.

In un mondo dove esporsi significa perdere metà del mercato, tacere è una forma di autoprotezione che in molti stanno scegliendo.

Il silenzio, insomma, è diventato la nuova versione del comunicato stampa.

Taylor Swift nel suo documentario Miss American in cui cattura in momento in cui fa endorserment al Kamala Harris criticando la politica di Trump.

L’ipersensibilità del pubblico woke e il cortocircuito

Viviamo in un contesto in cui ogni dettaglio può diventare indizio: una foto, una battuta, un like, un’amicizia, un silenzio di cinque secondi in un’intervista.

Non cerchiamo più un fatto: cerchiamo un simbolo.
E quando il simbolo non c’è, lo inventiamo.

Sydney Sweeney diventa così un personaggio perfetto per la proiezione collettiva: bionda, californiana, l’incarnazione involontaria del “sogno suburbano”.

Mettila davanti a una domanda politica che evita malamente, e il sospetto si accende da solo, trasformando un’intervista “leggera” in un manifesto politico.

In parallelo, negli Stati Uniti (e non solo) sta crescendo un clima più conservatore, più rigido, più strategico.
Un clima che non chiede agli artisti di schierarsi apertamente.
Anzi: preferisce che non disturbino più di tanto.

Prendere posizione, oggi, significa muoversi in un terreno scivoloso.
E la paura non è solo quella di essere “schierati male”, ma soprattutto di essere interpretati male.
E questo basta, da solo, a zittire chiunque.

Non serve essere di estrema destra per restare in silenzio: a volte serve solo per conservare ciò che hai.

È il motivo per cui il silenzio non è più un’assenza.
È una posa.
È una strategia.
È un atto politico, anche quando non vuole esserlo.

Ma ammetto che questa nuova dinamica mi confonde molto.

Perché è vero che Sydney Sweeney non sta dicendo “sono d’accordo”.
Ma non sta neanche dicendo “non lo sono”.

Ed è vero che Taylor Swift non mette like al post di Trump con la sua musica, ma non prende nemmeno una posizione pubblica su gesti politici che lei stessa, anni fa, avrebbe condannato senza indugi.

Insomma, se prima queste erano certezze, ora — in questa zona grigia — fatico a concedere il beneficio del dubbio.

Ed ecco che scatta il cortocircuito: da un lato c’è una cultura che vede razzismo, misoginia e tossicità anche dove forse non ci sono.
Dall’altro, una nuova tendenza che preferisce non vedere nulla, perché vedere significa doversi esporre.

E poi, in mezzo, ci siamo noi: che scivoliamo da una parte all’altra senza nemmeno accorgercene.

La versione bannata di “American Life” in cui Madonna prende una posizione netta contro la politica di Bush nel 2003

In the end…

La domanda non è se Sydney Sweeney sia di destra.
La domanda non è neppure se Taylor Swift sia diventata improvvisamente prudente.

La domanda è:
cosa succede quando un’artista, nel 2025, decide di non dire nulla?

Perché oggi il silenzio è un linguaggio.
È una scelta.
È un gesto che pesa più di un comunicato stampa.

E questo clima — meno schierato, più ambiguo, più prudente, o semplicemente più impaurito — racconta molto più di quanto vogliamo ammettere.

A volte mi chiedo se siamo davvero immersi in un eccesso di sensibilità…
…o se stiamo assistendo alla lenta normalizzazione del silenzio.

E se quel rumore che una volta gli artisti facevano spianando la strada — ma pagandolo a caro prezzo — oggi faccia semplicemente paura a tutti.

POP VIBE: This type of modern life, is it for me This type of modern life, is it for free