Non sono un critico musicale e non mi spingerò nei dettagli tecnici di Mayhem. Quindi non parlerò di produzione, arrangiamenti o qualità vocale.
Ma piuttosto vorrei raccontare un album per ciò che rappresenta nel momento in cui viene pubblicato, nel contesto sociale che lo circonda e nel modo in cui dialoga con il tempo in cui viviamo.
La cultura POP (e di conseguenza la musica) non è mai solo un insieme di elementi fine a se stessi: è un riflesso della società, un codice che decifra ansie, desideri e tensioni collettive.
Lady Gaga, più di molti altri artisti, ha sempre saputo interpretare il presente con una sensibilità fuori dal comune.

E Mayhem (letteralmente “caos”) non fa eccezione
Viviamo in un’epoca di iperstimolazione, di crisi di identità dove il caos regna sovrano ed è il cuore pulsante della nostra vita: il rumore di fondo di un mondo in cui tutto è accelerato, fluido, instabile. E, soprattutto, insicuro.
Mayhem è esattamente tutto questo: il manifesto, in declinazione sonora, della società contemporanea di cui Gaga, testimone (paradossalmente) silenziosa, esalta la confusione come cifra stilistica della nostra quotidianità.

Il caos è il nuovo ordine
Se Born this way raccontava in maniera lineare un messaggio forte e chiarissimo di ribellione politica e sociale, Mayhem riflette esattamente il mondo in cui viviamo oggi, dove il concetto di identità è fluido, le ideologie sono frammentate e i riferimenti culturali si sovrappongono senza confini definiti. Le influenze alle quali siamo stati esposti negli ultimi anni si sono stratificate nel nostro background e non possono che restituire un discorso senza strutture perché siano esposti ad un flusso continuo di suggestioni.
Prendere una posizione non è più una certezza che ci contraddistingue.
Se possiamo definire la nostra società “liquida”, quindi priva di punti fermi, allora Mayhem è l’esempio perfetto di questa liquefazione. Ogni brano appartiene a un universo diverso, ad un’era già vissuta di Lady Gaga, ma che ora non ha un vero filo conduttore.
Non necessariamente un limite, ma è davvero una scelta consapevole?
Ed è qui che sorge un (mio) dubbio malizioso:
Questa apparente frammentazione è davvero una presa di posizione artistica o piuttosto un’operazione calcolata dell’industria?
Se l’obiettivo è riflettere il caos contemporaneo, allora Mayhem è coerente con il suo tempo. Ma se fosse, invece, il risultato di una strategia coatta? Un disco concepito per includere “tutti i gusti” – un po’ di elettronica per il pubblico dance, un po’ di pop radiofonico, qualche ballad nostalgica, una spruzzata di sperimentazione per i fan hardcore?
Non sarebbe la prima volta che accade (Madonna, con Rebel Heart, ha raccontato una situazione simile: 30 tracce abbondanti, alcune memorabili, altre irrilevanti, messe insieme più per accontentare ogni tipo di ascoltatore che per costruire un discorso coeso).
Il rischio di Mayhem è lo stesso: nel tentativo di rappresentare l’incertezza, finisce per essere un album che cerca di piacere a tutti e, alla fine, non lascia un segno indelebile da nessuna parte.

Siamo alla fine della ribellione
L’industrial pop, l’electro rave…. non sono scelte estetiche fini a sé stesse: riflettono il sovraccarico di input della società digitale. Ogni giorno siamo esposti a una quantità infinita di stimoli: (fake) news e social trend (effimeri) che ci travolgono senza lasciare una traccia concreta.
Mayhem è il caos senza una via d’uscita. Lady Gaga non lotta contro questo flusso caotico. Si immerge completamente e ce lo restituisce sotto forma di musica.
Per questo motivo in Mayhem ci sono tanti simboli delle ere di Lady Gaga mescolati in un collage in cui tutto sembra riconoscibile, ma niente è più come prima.
The Fame e Born this way erano un grido di battaglia e ragionavano perfettamente con il periodo di pubblicazione. Negli anni ‘10, il pop era un canale per idee e identità culturali forti. Gaga, con questi due album, ha incarnato perfettamente il momento storico, raccontando un’immagine di sé che rifletteva il mondo attorno a lei.
Se The Fame parlava della costruzione della fama nell’era digitale (l’ascesa dei social media, la self-branding identity e il concetto di celebrità per il gusto di essere celebri – Kardashian docet), Born This Way era invece il manifesto di una generazione che voleva essere rappresentata per ciò che era, senza maschere (i movimenti egualitari, l’empowerment femminile, la cultura del freak nel mainstream).
Ora quella ribellione, come la intendevamo prima, non esiste più: il sistema ha già inglobato ogni forma di dissenso e trasformato la trasgressione in un prodotto diverso.

Il clubbing è il simbolo dell’alienazione
In Mayhem, c’è un altro tema molto interessante: la club culture (ne abbiamo parlati assieme qui).
La scelta di un sound che richiama quel mondo non è casuale. Siamo d’accordo che il club non è più un luogo di liberazione, ma di fuga temporanea. Dove un tempo il dancefloor rappresentava una forma di resistenza (dagli anni ‘70 della disco music ai rave degli anni ‘90), oggi è uno spazio di anestesia collettiva. Gaga questo lo ha capito già dai tempi di Chromatica, dal quale prende elementi che ritornano nella costruzione di un album che suona come un eterno sabato notte, in cui il beat incessante NON è più liberatorio, MA ipnotico.
Pezzi come Killah e Mayhem non sono (più) inni di emancipazione, ma rappresentazioni della perdita di sé nel ritmo della società moderna. Die with a Smile non è (più) una celebrazione della vita, ma una riflessione amara sul destino delle star e sulla necessità di mantenere una facciata fino all’ultimo respiro che ci tiene in vita.
Il dancefloor di Mayhem non è uno spazio di connessione, ma una metafora dell’isolamento contemporaneo, dove si balla insieme ma si resta soli. E questa, purtroppo, è una grande consapevolezza che dobbiamo fare nostra.


Nessuna soluzione
Mayhem non cerca di mettere ordine nel caos, lo eleva a sistema.
Lady Gaga non è più un’eroina pop che guida una rivoluzione. E’ la voce narrante di un mondo in cui la rivoluzione NON è più possibile.
Questo album è onesto: non vuole insegnare o cambiare qualcosa, vuole mostrare lo stato dell’arte senza filtri. È il rumore di una generazione immersa nella distrazione perenne e nella ricerca di senso in un mondo che si ricompone e si dissolve continuamente.
Chi cerca Gaga che offre un nuovo manifesto ispirazionale resterà deluso.
Chi invece capisce il potere dell’arte che rispecchia la realtà senza abbellirla, troverà in Mayhem un’opera che non resterà nel tempo. Ma che racconta quello contemporaneo.
POP vibe: I can smell your sickness, I can cure your disease



