S.E.X.
Era il 21 ottobre 1992.
Un giorno dopo Erotica, Madonna pubblicava un libro destinato a scandalizzare, dividere e, col tempo, ridefinire il rapporto tra arte, corpo e potere.
Sex non era un semplice libro fotografico.
Era un manifesto.
Un oggetto proibito, patinato e tagliente, concepito per sedurre e disturbare allo stesso tempo.
Gli scatti erano firmati da Steven Meisel e Fabien Baron, due tra i più influenti nomi della fotografia e dell’art direction di quegli anni.
Il volume conteneva immagini esplicitamente erotiche, softcore e simulate, con chiari riferimenti al sadomasochismo.
Era un viaggio nel desiderio, nel controllo e nell’ossessione della libertà.
Le ispirazioni arrivavano dal punk rock, da Guy Bourdin, Helmut Newton e Robert Mapplethorpe.
Tutto il linguaggio visivo del libro era costruito per essere un atto politico mascherato da fantasia sessuale.
Gli scatti furono realizzati nei primi mesi del 1992 tra New York e Miami – tra hotel, teatri burlesque e luoghi che odoravano di pelle e metallo, più che di moda.
Tra i protagonisti: Isabella Rossellini, Naomi Campbell, Vanilla Ice, Big Daddy Kane, Joey Stefano, Udo Kier, la principessa Tatiana von Fürstenberg.
Una corte contemporanea di corpi, potere e desiderio.
La copertina era in alluminio lucido, rilegata a spirale, avvolta in un foglio trasparente di plastica Mylar: fredda, industriale, quasi chirurgica.
Gli editori erano terrorizzati.
Troppo rischioso, troppo esplicito, troppo Madonna.
Eppure il libro uscì.
Un giorno dopo Erotica.
All’interno, un piccolo CD singolo con la traccia Erotic, una versione remix del brano dell’album.
Lo scandalo arrivò immediato.
Ma Madonna non si pentì mai.
Le critiche, i titoli sensazionalistici, i moralismi — tutto era parte del piano.
Anni dopo, il libro sarebbe stato rivalutato come una delle opere più significative della sua carriera.
Un manifesto post-femminista, oggi riconosciuto per il suo impatto sociale, estetico e culturale.
L’idea nacque nel 1991.
Judith Regan, editrice di Simon & Schuster, volò a Los Angeles per proporre a Madonna un libro di foto erotiche.
Lei accettò solo a una condizione: che fosse un progetto unico, irripetibile.
Poi sparì.
Ma l’idea continuò a bruciare.
Madonna iniziò a lavorare a Sex mentre era ancora sul set di A League of Their Own.
Warner Bros. e Time Warner non volevano rischiare, ma alla fine cedettero.
Subito dopo, Madonna fondò Maverick, la sua etichetta multimediale.
Un colpo di genio: grazie a quella partnership, ottenne controllo artistico totale. Nessun veto, nessun filtro.
L’estetica del libro mescola sadomaso e glamour, punk e surrealismo, ispirandosi a Bourdin, Newton, Brassaï e Mapplethorpe.
All’inizio doveva intitolarsi X, ma il film Malcolm X era in arrivo e Madonna non voleva sembrare una copia.
Durante le sessioni fotografiche, Fabien Baron riprese tutto in Super 8 — quei filmati diventeranno parte del video di Erotica.
Si scattava al Chelsea Hotel, al Gaiety Theatre di Times Square, e nella villa di Madonna a Coconut Grove, in Florida.
Un aneddoto racconta che, un giorno, mentre posava nuda in casa, qualcuno le disse per scherzo di uscire in strada.
Lei lo fece davvero.
Prima topless con Vanilla Ice, poi completamente nuda, fingendo di fare autostop.
Le auto si fermarono, la gente fischiava. Un ciclista, rapito, cadde dalla bici.
Si stima che siano stati scattati 80.000 fotogrammi, ma solo pochi finirono nel libro.
Durante la produzione, alcune immagini furono rubate e poi recuperate dall’FBI.
La stampa durò 15 giorni, la produzione otto mesi.
Per ottenere un profitto, Warner calcolò servissero almeno 350.000 copie vendute.
Ne sarebbero bastate molte meno.
Sex era pensato come un’esperienza fisica.
Un oggetto da toccare, aprire, scoprire.
128 pagine, rilegatura a spirale, confezionato in una busta trasparente da strappare — come una pelle.
Madonna voleva che l’apertura del libro fosse un atto in sé, una trasgressione simbolica.
Il sigillo che si rompe, la fantasia che diventa pubblica.
Un riferimento esplicito al preservativo, ma anche al confine tra sicurezza e desiderio.
La prima pagina mostra Madonna contro un cielo azzurro.
Un’immagine che sembra innocente, ma che introduce il tono del libro: ironico, disturbante, erotico e concettuale insieme.
Quando Sex uscì, esplose il caso.
Il Vaticano lo definì “moralmente intollerabile”.
In India venne censurato.
Negli Stati Uniti, le associazioni religiose lo denunciarono come osceno.
I Battisti del Sud arrivarono a minacciare la tipografia che lo stampava — la stessa che produceva le loro Bibbie.
Madonna, intanto, organizzò una festa al Superstudio Industria di New York.
Firmò gli inviti come Dita e si presentò vestita da Little Bo Peep, con un agnellino di peluche in braccio.
Un’ironia perfetta, da fiaba erotica.
Le librerie Barnes & Noble e Waldenbooks difesero la libertà editoriale, ma molte decisero di venderlo solo ai maggiorenni.
Nel frattempo, Vogue le dedicò la copertina di ottobre e MTV trasmise uno speciale intitolato The Day in Madonna, raccontando le reazioni del pubblico nelle librerie di Manhattan.
All’HMV Store si poteva sfogliare Sex in una cabina a pagamento — 1 dollaro al minuto, devoluto a Lifebeat, organizzazione che sosteneva la ricerca contro l’AIDS.
Con Sex, Madonna infranse ogni record.
Il prezzo di vendita era 50 dollari.
La prima tiratura: un milione di copie, in cinque lingue e cinque continenti.
Negli Stati Uniti, vendette 150.000 copie in un giorno, e 500.000 nella settimana successiva.
Arrivò al numero uno della New York Times Best Seller List, dove rimase per tre settimane consecutive.
Nel mondo, 700.000 copie in un solo giorno, 1,5 milioni in totale.
Un record assoluto: il coffee table book più venduto e più rapidamente esaurito della storia.
E ancora oggi, il più desiderato di sempre.
Più di trent’anni dopo, Sex rimane un oggetto di culto.
Un libro che non cercava di piacere, ma di provocare.
Che parlava di desiderio per parlare di libertà.
E che usava l’erotismo come un linguaggio politico.
Dietro l’alluminio, la pelle e le catene, Sex non mostrava solo il corpo di Madonna — ma lo specchio di una società che aveva paura di guardarsi.