Skip to main content

Ci sono notizie che ci colpiscono in modo strano, che ti si infilano sotto la pelle e rimangono lì, lasciandoci con un senso di smarrimento che non riesci del tutto a razionalizzare. La morte di Michelle Trachtenberg è una di quelle. Non perché fosse una figura onnipresente negli ultimi anni o perché facesse ancora parte della nostra quotidianità mediatica, ma perché era una di noi. Un volto familiare, un pezzo della nostra crescita, una presenza che aveva smesso da tempo di essere centrale, ma che stava lì, in un angolo della memoria, pronta a risvegliarsi con una scena.

Qualche anno fa, la morte di Luke Perry ci ha colpiti con la stessa forza. E ancora prima, la lunga battaglia di Shannen Doherty contro il cancro. Quando qualcuno che abbiamo conosciuto attraverso la cultura pop se ne va, porta con sé molto più di quanto siamo pronti ad ammettere: è il tempo che passa, è la nostra adolescenza che si allontana, è il ricordo di chi eravamo quando loro erano ancora lì, nei nostri pomeriggi davanti alla TV, nei nostri poster, nelle nostre conversazioni.

Un legame invisibile

Crescendo, ci affezioniamo a volti che non conosceremo mai davvero, ma che diventano testimoni della nostra vita. Michelle Trachtenberg era Dawn in Buffy l’Ammazzavampiri, la sorella piccola che ci insegnava che crescere è sempre complicato. Era Georgina Sparks in Gossip Girl, il personaggio che stravolgeva ogni equilibrio con un sorriso enigmatico.

Personaggi diversi, momenti diversi della nostra vita, ma sempre lì, incastonati nei nostri anni adolescenziali più significativi.

Per un’altra generazione, lo stesso è valso per Luke Perry. Dylan in Beverly Hills 90210 non era solo il bel ragazzo ribelle: era il primo cuore spezzato, il primo anti-eroe romantico, il primo esempio di fascino e tormento. Così come Brenda Walsh, la ragazza con cui molte si sono identificate e che, nel bene e nel male, ha incarnato l’adolescenza degli anni ’90.

E quando queste persone ci lasciano, ci troviamo a riflettere non solo loro, ma tutto ciò che rappresentavano.

Perché ci importa così tanto?

C’è qualcosa di particolarmente toccante nella scomparsa di questi personaggi. Con Luke Perry è stato uno shock improvviso, con Shannen Doherty un lento addio, con Michelle Trachtenberg un’altra bruta sorpresa inaspettata. Abbiamo vissuto lo stesso trauma con Brittany Murphy, con Heath Ledger. Con Brandon Lee e ancora prima con James Dean.

E ogni volta le sensazioni sembrano le stesse.

Forse perché queste persone erano presenti nei nostri momenti di formazione. Mentre noi crescevamo, loro erano lì, fermi nel tempo, sospesi in episodi che possiamo rivedere all’infinito. Ma la realtà è più crudele: il tempo passa anche per loro. E quando ci rendiamo conto che non sono eterni, ci rendiamo conto che non lo siamo neanche noi.

Lo scorrere del tempo

La morte delle nostre icone è un momento di riflessione su di noi, più che su di loro. È la conferma, se mai ce ne fosse bisogno, che il tempo scorre, che nulla è garantito, che la nostalgia è dolce ma crudele. È un promemoria, brutale, che la vita è fragile (e che dovremmo smettere di rimandare le cose importanti).

Il vero dolore è verso noi stessi, per il tempo che è passato senza che ce ne accorgessimo, per tutte le versioni di noi che non torneranno più.

E allora torniamo a rivedere un vecchio episodio di Buffy, un bacio tra Dylan e Brenda, una scena di Gossip Girl, non solo per ricordarli, ma per ritrovare per un attimo noi stessi, concedendoci un momento per sentire tutto. La perdita, la nostalgia, il senso di appartenenza.

E anche la gratitudine di aver avuto quei momenti e quelle storie.

POP vibe: XOXO

Leave a Reply