Quando ero piccolo, la musica si ascoltava sulle cassette. Le cassette costavano 6.900 Lire. Dove abitavo, in quel piccolo paese, non c’era un negozio di musica. Il ferramenta aveva un espositore di legno con le 10 cassette più popolari. Se ne volevi un’altra, dovevi ordinarla, e lui andava a prenderla.
Come tanti i bambini, avevo una paghetta di 5.000 Lire. Ma Immaculate Collection costava ben 11.000. Più del doppio. Era troppo. Non era giustificabile. Così avevo rinunciato per principio. E mi ero dato una regola: avrei comprato quell’album quando “sarei diventato una persona di successo”. Qualsiasi cosa significasse nella testa di un bambino.
E così ho aspettato. E aspettato.
E aspettato.
Di essere abbastanza. Abbastanza realizzato, abbastanza riconosciuto. Abbastanza ammirato. Abbastanza per decidere che era arrivato il momento in cui potevo permettermi questo acquisto, definendo, con quel gesto, il mio punto di arrivo.
Non è mai successo. Venticinque anni di attesa, sospeso nell’idea di essere quella persona che volevo diventare. Venticinque anni a rimandare il piacere, a posticipare la soddisfazione, a dire a me stesso che non ero ancora pronto.
La procrastinazione del piacere è una trappola invisibile ma concreta. E potente. Ci convince che la felicità è un premio e non un diritto. Che possiamo concedercela solo quando raggiungiamo la versione ideale di noi stessi che immaginiamo in un futuro lontano. Ma quel futuro, in verità, non arriva mai. Si sposta sempre un po’ più avanti. Waiting for Godot.
Ho capito – o meglio, sto cercando di capire – che rimandare il momento di riconoscere i nostri meriti, o anche solo di goderci qualcosa, non ci porta da nessuna parte. Il presente è imperfetto ma ci concede di essere felici, anche quando pensiamo di non meritarlo del tutto.
Se potessi tornare indietro, direi a quel bambino di 10 anni: “Compra quella cassetta. Ascoltala ora. Sei già abbastanza. Lo sei sempre stato.”
Quindi ecco, mi ero stancato di posticipare.
POP vibes: poor is the man whose pleasures depend on the permission of another



